Eventi catastrofali e assicurazione delle abitazioniÂ
 Riuscirà il nostro Paese a mettersi al pari di Turchia, Romania e Marocco?
di Roberto Guccione
Al terremoto in Abruzzo del mese di aprile è seguita la tragedia dei crolli, delle inondazioni e delle frane nel messinese. Si è aggiunto, settimane dopo, un altro luttuoso smottamento nell’isola d’Ischia con perdite anche di vite umane e fortissima emozione nella pubblica opinione, dato il rapido sovrapporsi delle catastrofi.Â
Tali eventi si sono succeduti nel giro di pochi mesi di questo 2009, che si presenterebbe come l’annus horribilis dei disastri idrogeologici e dei sommovimenti tellurici nel nostro Paese. Ma sappiamo, verificando dati e eventi degli ultimi cinquant’anni, che non è così. Sui costi dei danni provocati dalle catastrofi naturali nel nostro Paese abbiamo già documentato in abbondanza i lettori sullo scorso numero di “Broker”.Â
Ricordiamo che nel solo decennio 1994- 2004, per tamponare i danni di alluvioni, terremoti e frane più gravi, lo Stato si è esposto per oltre venti miliardi di euro, pari a una media di circa due miliardi all’anno, cui va aggiunto un altro miliardo e mezzo complessivo per interventi minori; cifre fornite dall’Istituto di ricerche sulle attività terziarie (Irat) del Cnr di Napoli. Dagli anni Cinquanta ad oggi, sono 19 gli eventi estremi registrati nel nostro Paese, tra cui il terremoto che colpì l’Irpinia nel 1980, costato allo Stato – fino ad oggi - trenta miliardi di euro.
Circoscrivendo l’esame agli anni dal 1997 al 2003, i danni materiali per calamità naturali ammontano a circa 32 miliardi di euro. Complessivamente, i danni alle abitazioni civili risultano riguardare circa il 30% del totale, una media che sale al 56% quando si parla di terremoti e che scende al 6,5% in caso di alluvioni e frane.Â
Nel decennio 1995-2005 il record delle erogazioni statali per rifondere i danni va al terremoto del 1997 in Umbria e Marche: otto miliardi. Al secondo posto troviamo l’alluvione nel Nord Italia del 2000, con cinque miliardi di euro di danni, ed al terzo posto le alluvioni e le frane del 2003 in Molise, Puglia, Abruzzo e Basilicata con ottocento milioni di euro di danni. Nel 2003 l’alluvione in Friuli, a Val Canale e Canal del Ferro è costata, in contributi pubblici, centodiciannove milioni di euro.Â
Potremmo andare avanti a snocciolare rilievi e cifre preoccupanti, mentre sappiamo e abbiamo visto, con grande rammarico, come di fronte ad ogni calamità naturale, i governi di turno cavalchino l’onda dell’emotività annunciando misure risolutive. Tra i provvedimenti immediati annunciati figura, da qualche tempo, anche il rendere obbligatoria l’assicurazione delle abitazioni, come è in uso nei diversi Paesi più o meno evoluti. E in un proclama di intervento immediato si è proposto, pochi giorni dopo il sisma di aprile in Abruzzo, il ministro Brunetta, il quale ha incaricato un gruppo di tecnici di sua fiducia di studiare e determinare quanto al metro quadro avrebbero dovuto pagare i proprietari di immobili per assicurarsi contro gli eventi catastrofali. Replica subitanea della Confedilizia, che ha fatto pubblicare paginoni a pagamento sul “Sole 24 Ore”, in cui si contestava l’idea dell’assicurazione obbligatoria bollandola come una nuova e ulteriore tassa per i costruttori edili.Â
Ma a far rientrare definitivamente l’iniziativa del ministro Brunetta è stato il veto posto dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti, determinato a non scalfire lo slogan del “non mettere le mani nelle tasche degli italiani”. Situazione che determinerebbe l’andare avanti senza che nulla cambi, con le finanze pubbliche sotto la spada di Damocle di nuovi esborsi (e a pagare è comunque, ricordiamocelo, la collettività…..) in coincidenza di abbastanza prevedibili nuove calamità.Â
Con una particolare sottolineatura circa la “velocità” dei risarcimenti, considerate le infinite capriole e i classici ritardi della burocrazia. La tempestività nell’erogazione è quasi sempre fondamentale a dare sollievo a chi ha avuto danni e a consentire una ragionevole ripresa. Vale per tutti l’esempio del terremoto dell’Irpinia, per il quale pare si rendano necessarie ulteriori erogazioni. In tutto questo magma di contraddizioni non proprio edificante, è opportuno segnalare una iniziativa del Dipartimento per la Protezione Civile, che ha messo a punto “un’ipotesi di strumento legislativo” per assicurare i rischi derivanti dalle catastrofi naturali.Â
L’annuncio è stato dato l’11 novembre scorso a L’Aquila, nella Scuola della Guardia di Finanza di Coppito (il centro per la gestione dell’emergenza terremoto in Abruzzo). Per l’occasione i componenti dell’esecutivo dell’Associazione fra le Imprese di assicurazione si erano riuniti nel capoluogo abruzzese, assurto a simbolo, al fine di confrontarsi e valutare le modalità di unapossibile sinergia con l’iniziativa della Protezione Civile. Guido Bertolaso, capo della Protezione Civile, nel presentare tale “ipotesi”, ha prima di tutto segnalato il fatto che negli ultimi dodici mesi i danni derivanti da eventi atmosferici (escludendo il terremoto d’Abruzzo) sono ammontati a cinque miliardi di euro e che la Protezione Civile, per rifondere tali danni, ha potuto contare su una dotazione di appena trecento milioni di euro.Â
Nel corso della conferenza stampa aquilana ha preso la parola il presidente dell’Ania, Fabio Cerchiai, per annunciare la disponibilità delle compagnie di assicurazione italiane a studiare un meccanismo di “cooperazione tra pubblico e privato”. Sulle coperture per rifondere i danni alle abitazioni civili in caso di disastro “se c’è una mutualità larga – ha specificato Cerchiai – è possibile pensare a polizze a prezzi contenuti”, rammentando che in paesi come la Francia è largamente in uso l’abitudine, da parte dei proprietari di immobili, di ricorrere all’assicurazione per proteggersi dai rischi catastrofali.
Cerchiai ha polemizzato con chi etichetta il costo della copertura come una “tassa”, dal momento che le risorse pubbliche è più logico e socialmente utile vengano destinate agli investimenti per la comunità. Gli assicuratori sono pronti a fare la loro parte, ovviamente a costi che economicamente siano “in equilibrio”. Era presente – per dare un segnale di consenso all’iniziativa – anche il presidente dell’Isvap, Giancarlo Giannini, che ha lanciato l’idea di un tavolo operativo tra istituzioni, mercato assicurativo e associazioni dei consumatori, allo scopo di approfondire l’argomento e proporre gli strumenti assicurativi più adeguati. Aggiungendo che l’eventuale introduzione di un’assicurazione sulle abitazioni civili “non dovrà portare ad extra profitti per le compagnie, ma neanche a pregiudicare la stabilità dei loro bilanci”.Â
Secondo Bertolaso incentivare la prevenzione con un meccanismo assicurativo ha il vantaggio di coinvolgere i cittadini e di dar loro maggior consapevolezza sui temi della prevenzione. Cerchiai ha aggiunto che “la strada è percorribile e i punti di convergenza prevalgono sui pochissimi dissensi. Tocca ora alla politica stabilire se ci sono altri strumenti più efficienti per tutelare quello che è un interesse pubblico”.Â
Peccato che, nei giorni successivi, Bertolaso abbia annunciato la sua decisione di andare in pensione, lasciando la conduzione della Protezione Civile. Comunque il dado pare tratto. La sensazione che il contesto sia favorevole per confrontarsi sull’ipotesi di una polizza (semi) obbligatoria per le abitazioni civili- pur con lo scoglio da superare dello stop imposto dal ministro dell’Economia – è dunque palpabile. Giova qui ricordare il ruolo svolto dall’Aiba nel fare da apripista alla sensibilizzazione dei pubblici poteri e dei cittadini sull’argomento. Partendo dalla proposta formulata, nell’ottobre 2000, all’Associazione Bancaria Italiana, che avrebbe dovuto puntare a indurre la clientela dei sottoscrittori di mutui a dotarsi – obbligatoriamente – di una polizza che tutelasse l’immobile su cui ottenevano il finanziamento contro gli “eventi catastrofali”.Â
Un’iniziativa che avrebbe stimolato il passaggio nel senso comune del principio che “i beni devono essere tutelati da chi li possiede, ricorrendo al ‘trasferimento del rischio’ al sistema assicurativo privato”. C’è da verificare se esistano dati relativi almeno alla percentuale orientativa di quanti possessori di case, nel Paese con il “male della pietra”, sottoscrivono una polizza del genere nel momento in cui vanno in banca a richiedere un mutuo per acquistare una casa o per ristrutturarla. L’Aiba ha riproposto l’argomento nel corso di questi anni, nel tentativo di chiamare gli uomini di governo al confronto, a esprimere in concreto la “volontà politica”. La “lettera aperta” inviata al ministro Brunetta dopo la tragedia d’Abruzzo è il tassello più recente.
Domanda: riusciremo ad allinearci ai Paesi (ci sono anche la Turchia, la Romania e il Marocco…) dove assicurarsi contro i danni alle abitazioni conseguenti a eventi catastrofali è ritenuto un dovere?